Fuori dal Carcere

 

in breve

Associazione In Opera

L’ Associazione In Opera, nata da un’idea del Dr. Guido Chiaretti (Presidente di Sesta Opera S. Fedele), è stata costituita il 25 giugno 2016 presso l’Area pedagogica della Casa di Reclusione di Milano-Opera. Essa è espressione del desiderio di un gruppo di ristretti della Casa di Reclusione di Milano-Opera di rimettersi in gioco e di ricostituire un legame con la società. L’Associazione ha lo scopo di offrire ai ristretti della Casa di Reclusione di Milano-Opera occasioni concrete di esercizio di gestione della propria responsabilità svolgendo all’interno iniziative a favore della comunità della Casa di Reclusione e sostenendo all’esterno progetti di utilità sociale, come forma di riparazione al danno cagionato alla collettività. L’Associazione svolge inoltre opera di sensibilizzazione sui temi legati alla legalità, alla giustizia riparativa e alla mediazione tra reo e vittima, organizzando all’interno della Casa di Reclusione di Opera incontri tra detenuti e società civile al fine di favorire il dialogo tra le due parti. 

L’Associazione In Opera sta ospitando (Novembre 2021-Gennaio 2022) un ciclo di  incontri organizzati dalla Facoltà di Scienze politiche e sociali, Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Prof. Claudia Mazzucato) e dall’ Associazione Lech Lechà (Prof. Davide Assael), dal titolo CONFLITTO E FRATELLANZA: DIALOGHI RIPARATIVI. 

Come indicato dal Progetto presentato dalla Prof. Mazzucato alla Direzione della casa di reclusione di Milano –Opera, gli incontri si propongono di porre al centro del dialogo il tema del rapporto con l’“altro difficile” e del conflitto alla luce dell’esperienza fraterna: un tema ‘mediatore’ in cui ciascuno possa trovare qualcosa di significativo ‘di sé’ e ‘per sé’, nella diversità di storie e percorsi, età e culture dei partecipanti. La giustizia riparativa fornisce il metodo di svolgimento degli incontri: rispetto reciproco, partecipazione attiva, volontarietà, dialogo franco”.

I Destinatari di tali incontri sono gli studenti dei corsi di Giustizia riparativa e modelli di risposta ai conflitti (corsi di laurea di Scienze politiche e sociali) e Giustizia riparativa (corso di laurea in Giurisprudenza) dell’anno accademico 2021-2022 e gli Ospiti della Casa di Reclusione di Milano-Opera.

La Giustizia riparativa

La restorative justice è la modalità più innovativa di pensare la composizione del conflitto tra Stato, reo e vittima. Una giustizia al cui centro si pone la persona, nella triplice forma di vittima, reo e danneggiato, dove è cardine la tutela della dignità personale. Il riconoscimento della pari dignità degli esseri umani di fronte alla legge comporta che il compito della comunità nei confronti di chi ha violato le regole non è quello di escludere, secondo una logica di retribuzione e separazione, ma re-includere, ovvero ricucire, attraverso meccanismi riparativi, la relazione spezzata tra il responsabile dell’illecito, la vittima e la comunità.

Con la giustizia riparativa si cominciano a delineare giuridicamente forme nuove di risposta al reato caratterizzate dal drastico affievolirsi (fino a scomparire in taluni casi) della dimensione coercitiva-afflittiva sostituita da una componente consensuale– riparativa. L’aspirazione dei programmi di giustizia riparativa che in tutto il mondo sono stati avviati è di ampia portata: un ripensamento generale del sistema sanzionatorio per contribuire a rendere la giustizia più costruttiva e meno repressiva. Per non tradire simile aspirazione, per non snaturare insidiosamente simili programmi vi è, come minimo, una strada maestra immediatamente percorribile: garantire appieno il principio cardine – nitidamente affermato sia dal Consiglio d’Europa che dalle Nazioni Unite – della partecipazione libera, volontaria, consensuale alle proposte di mediazione-riparazione.

Esse sono dirette alla ricerca di soluzioni soddisfacenti per le persone che hanno subito il reato e alle quali è riconosciuto un ruolo attivo di cui sono prive nelle pratiche giudiziarie tradizionali. Nelle procedure di mediazione vittime e autori di reato, fuori dalla rigidità del contesto processuale, si trovano faccia a faccia, di fronte ad un terzo neutro e qualificato, in una logica di riconoscimento reciproco, corresponsabili per scelta consensuale delle decisioni che regoleranno il conflitto. Su questa base si svolgono la procedure finalizzate al risarcimento del danno e alla riparazione delle conseguenze del reato, non escludendo la simbolicità di alcune soluzioni. Queste pratiche considerano infatti che quello materiale è solo un aspetto del danno, che colpisce innanzitutto la dignità e la sfera emozionale della persona offesa. La vittima ha quindi una maggiore possibilità di superare il conflitto ricevendo una soddisfazione che tenga conto della dimensione complessa della “ferita” subita. Il reo, d’altra parte, si trova di fronte non all’astratta e impersonale categoria della “vittima”, ma alla persona da lui offesa e ora incontrata nella sua reale identità: in tal modo può avere una più immediata e profonda percezione delle conseguenze dannose delle proprie azioni, ed è possibile (verosimilmente più probabile) giunga a maturare scelte reparative di maggiore efficacia per entrambi. Attribuendo alla parte offesa e all’offensore la responsabilità della soluzione del conflitto, la mediazione penale è pertanto in grado di assicurare un più pieno riconoscimento delle esigenze delle vittime e una forma di riparazione del danno più responsabilizzante e rieducativa per gli autori del reato.

Sesta Opera San fedele
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